“ ….Jennifer Bute ha 72 anni, gli occhi azzurri e uno sguardo ancora giovane, ma non esercita più da 15 anni. Quando ne aveva 58, infatti, ha iniziato a scordare piccole cose, episodi, pezzi della propria giornata. All’inizio scordava semplicemente le password o i nomi, dimenticanze che possono passare inosservate. Poi, un giorno non è riuscita a trovare il suo studio. E ancora, una sera ha annunciato ai suoi ospiti che la cena era pronta, ma suo marito ha dovuto ricordarle che l’avevano già consumata ore prima…”
(“Un rapporto complesso” di Viola Rita; Mind, mente e cervello, Marzo 2020, 32-41).
Morbo di Alzheimer, invecchiamento e memoria
La memoria, ossia la capacità di mantenere l’informazione nel tempo è una delle abilità cognitive che ha ricevuto maggiore attenzione nello studio dell’invecchiamento, infatti il suo deterioramento è un segno abbastanza tipico di questa fase.
La maggior parte delle persone anziane si lamenta spesso della fatica nel ricordare o organizzare informazioni poco rilevanti, dimostrandosi molto preoccupate per questo.
La memoria riveste, infatti, un ruolo importante nella percezione di autoefficacia dell’anziano. L’invecchiamento è una tappa di vita di ognuno di noi, durante la quale si assiste ad un declino fisiologico naturale ma, alle volte, si può incorrere in aumento di determinate patologie, tra cui la demenza, che non appartengono al normale processo di invecchiamento.
Con l’aumentare dell’età media si è assistito anche ad un aumento dell’incidenza di tali patologie neurodegenerative: circa 50 milioni di persone al mondo vivono con una forma di demenza e la quota è destinata a salire a più di 80 milioni nel 2030.
Una persona su venti, tra gli over 65, è affetta da demenza, ed ogni 5 anni di età il numero di malati raddoppia, fino a circa il 40% degli over 85.
Cosa succede al cervello durante l’Alzheimer?
La Malattia di Alzheimer è la causa principale di demenza tra gli anziani e al momento non esiste nessun farmaco capace di guarirla.
Fino a qualche anno fa, la demenza conclamata era considerata una condizione senza ritorno ma, grazie al procedere delle ricerche in ambito neuro scientifico, si è approfondita la conoscenza in merito a questa patologia e di conseguenza agli approcci terapeutici adeguati.
Ad oggi, la formulazione di una diagnosi precoce, la messa a punto di programmi di prevenzione e di stimolazione cognitiva oltre che il supporto psicologico fornito al caregiver/nucleo familiare del paziente affetto da demenza, sono tra gli strumenti più efficaci che abbiamo a disposizione per affrontare tale patologia e rallentarne il decorso.
Qual è il campanello d’allarme per l’Alzheimer?
Nonostante sia giusto accettare che il deterioramento della memoria con l’avanzare dell’età sia una parte fisiologica e incontrollabile del processo di invecchiamento, oltre che un sintomo di demenza, è importante ricordare che le difficoltà di concentrazione e lo stress, quando riscontrate tra i più giovani, possono essere fattori prognostici negativi che si ripercuoteranno nell’invecchiamento.
Spesso si è portati a far coincidere la “smemoratezza” con un invecchiamento patologico, ossia qualsivoglia forma di demenza, e questo ha portato a trascurare, per paura di una diagnosi infausta, tale sintomatologia.
È importante tenere in considerazione che non tutte le persone che, invecchiando, diventano smemorate, soffrono di Alzheimer. In alcuni casi i problemi di memoria, di linguaggio e di orientamento risalgono ad una disfunzione tiroidea o a una carenza vitaminica, e sono quindi trattabili.
Quali analisi fare per scoprire se hai l’Alzheimer?
Quando compaiono i sintomi, bisognerebbe sempre chiarirne l’origine; talvolta è possibile rimediare alle cause, e la memoria riprende vigore.
In conclusione, pur considerando che una riduzione delle proprie capacità mentali con l’avanzare dell’età è un fenomeno fisiologico, seppur all’interno di parametri adeguati, a chi fosse preoccupato di avere in prima persona una difficoltà, o notasse simili criticità/cambiamenti nei parenti stretti, si suggerisce di sottoporsi ad una valutazione neuropsicologica, così da poter intervenire tempestivamente ove fosse necessario.
Screening Alzheimer Rivolta d’Adda e Dovera
Nelle nostre Farmacie, durante l’anno, potrete approfittare e partecipare a giornate dedicate alla prevenzione e “check-up della memoria”. Offriamo test neuropsicologici di screening gratuiti, per verificare se le proprie funzioni cognitive rientrano negli standard adeguati o se sia opportuno sottoporsi ad approfondimenti.
Questa idea nasce con l’obiettivo di comunicare l’idea che monitorare regolarmente il proprio stato cognitivo permette di intervenire tempestivamente in caso di bisogno.
La fase di screening ha come obiettivo quello di rilevare se il paziente presenta disturbi di alcune funzioni cerebrali, con lo scopo di ottenere un generale profilo cognitivo e di stabilire quali sono gli aspetti da studiare in maggior dettaglio oppure se non vi sono i prerequisiti per richiedere un ulteriore approfondimento.
I test di screening non fanno diagnosi.
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Come funziona lo screening Alzheimer?
Lo screening, della durata circa di 30/40 minuti, si compone di un colloquio anamnestico e un test neuropsicologico.
Semplici domande e compiti, che vanno ad indagare il funzionamento cognitivo dell’individuo e la sua incidenza sulle attività di vita quotidiana. Non è richiesto nessun tipo di preparazione e la valutazione non comporta alcun rischio.
È possibile sottoporsi allo screening anche se non si hanno delle difficoltà o disturbi: la prevenzione è infatti un ottimo strumento per mantenere un buono stato di salute cognitiva.
È consigliato agli over 50 ed è gradita la prenotazione.
Verrà, infine, rilasciato un referto, da consegnare, se lo si desidera, al proprio medico di base, o da conservare, per monitorare la propria memoria negli anni.
Articolo a cura delle dott.sse
Paola Bonizzoli – Psicologa – Esperta in Neuropsicologia Clinica
Aurora Romeo – Psicologa